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Sindrome dell'impostore

 

 

Dopo anni di esami, studio e sacrifici di ogni genere, arriva il tanto atteso giorno della laurea e finalmente si può festeggiare insieme ad amici e parenti il riconoscimento del proprio successo universitario.

 

Ma la gioia di quel momento, viene sin da subito mescolata ad un senso di vuoto e incertezza che caratterizza le sensazioni di un giovane laureato che si approccia al mondo del lavoro.

 

Dopo vari curriculum inviati e colloqui sostenuti, arriva il giorno in cui finalmente si può contare sul proprio stipendio e non solo, appare la consapevolezza di essere utili e allo stesso tempo parte di un ingranaggio che è quello del mondo del lavoro.

 

Passa qualche anno e la situazione lavorativa migliora, lo stipendio aumenta e si arriva ad una posizione alla quale si è sempre ambito,  forse anche qualcosa di più.

 

Obiettivo raggiunto, ora finalmente si può assaporare il risultato!

 

Invece, colpo di scena, ad un certo punto andare a lavoro diventa difficile, appaiono degli evidenti sintomi di ansia

(sudorazione, tachicardia, fiato corto, affanno, palpitazioni, strategie di evitamento) miste molto spesso ad uno spiccato senso di colpa.

 

Cosa sarà successo?

 

Perché sto male, quando dovrei stare bene?

 

Dopo un'indagine accurata scopriamo che il/ la protagonista della nostra storia è pervaso dall'idea di non meritare il successo raggiunto e di conseguenza si sente un vero e proprio impostore per l'appunto.

Sente che i suoi risultati derivano dall'esterno (fortuna/valutazione errata da parte dell'altro) e non dall'interno (sue capacità/competenze).

Vive una costante paura di essere smascherato.

A breve, qualcuno si accorgerà del suo bluff e di conseguenza perderà tutto ciò che ha raggiunto.

 

 

Nella pratica clinica e in diversi approfondimenti, ho riscontrato tale vissuto, particolarmente, in donne giovani che ricoprono posizioni di spicco e prestigio ed hanno un buono stipendio.

 

La conseguenza del non elaborare  a livello emotivo tale dinamica, sono:

 

- rinunciare ad occasioni che possono mettere in mostra le più svariate capacità (esempio tenere un seminario su un proprio tema di approfondimento);

 

 - affrontarle ma con enorme ansia, angoscia e pensiero focalizzato  sulla paura del giudizio dell'altro.

 Rimuginio su ipotetici errori che si potranno commettere, perfezionismo smisurato sulla performance e senso d'insicurezza generalizzato.

 

 

Tutto ciò ha ricadute sulla qualità della vita e può avere risvolti negativi in altre aree:  famiglia/ relazione con il partner/ amicizia/ tempo libero.

 

 

Come mai si manifesta questa sintomatologia?

 

Alla base c'è un forte senso di autocritica e bassa autostima, un'incapacità nel riconoscersi e legittimare le proprie emozioni.

 

Come ad esempio:

 

"sono felice/provo gioia perché oggi sono stato proprio bravo"; 

"sono felice... mi sto rendendo conto che tutto ciò che ho imparato negli anni finalmente ha un senso e lo sto mettendo in pratica"

"che bello, me lo meritavo proprio quel riconoscimento".

 

 

Accettare di essere bravi, spesso, è molto più difficile dell'attribuirsi il contrario.

 

 

 

 

 

 

 

 

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