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Senso di colpa

 “Paura di volare”

 

 

I nomi e i luoghi utilizzati sono di fantasia.

 

 

Flavia, 39 anni, è un'affermata professionista del suo settore, noto architetto d'interni, che lavora 35 ore a settimana nel suo studio condiviso con altri colleghi.

 

Ha una buona relazione affettiva con il suo compagno, Giacomo, con cui convive da circa 7 anni.

 

Non hanno figli.

 

Negli ultimi 3 anni, la situazione economica di entrambi migliora significativamente, di conseguenza hanno maggiore disponibilità economica da utilizzare in viaggi e hobby tipici del tempo libero.

 

Negli ultimi 8 mesi, Flavia avverte uno stato di ansia generalizzata che la porta ad agire comportamenti di evitamento.

Come ad esempio, rinuncia ad andare a cena con le amiche.

Riferisce di provare una forte tachicardia, sudorazione e fiato corto nel momento in cui è in procinto di prepararsi, in vista dell'appuntamento.

Come conseguenza, decide di disdire il suo impegno, anche se avverte il desiderio di volerci andare ed è estremamente delusa da se stessa per aver rinunciato a quell'occasione.

 

 

Flavia, arriva in consultazione, in seguito ad un forte attacco di panico avuto durante il volo, che insieme al compagno e ad una coppia di amici, la porterà alle Maldive.

 

È sconcertata da ciò che è successo e non riesce a capirne il motivo, anzi riferisce di essere stata molto emozionata all'idea di intraprendere il viaggio dei suoi sogni.

 

Visti questi elementi, come ci spieghiamo l'ansia provata da Flavia?

 

Apparentemente sembra che tutto stia andando bene nella sua vita.

 

 

Nel corso dei colloqui, viene fuori uno spiccato senso di colpa che a tratti viene camuffato da rabbia, verso la sua famiglia d'origine,

Persone a cui vuole profondamente e sinceramente bene ma che allo stesso tempo riconosce come individui che per loro carenze e fragilità, non le hanno mai insegnato, che poteva essere in grado di desiderare di più da se stessa e dalla vita.

 

Per cui nel corso della sua esistenza, Flavia non ha mai creduto realmente nelle sue potenzialità, anzi ha sempre vissuto i suoi successi e traguardi come momenti fortunati.

 

Il suo senso di colpa era bilaterale, in parte nei riguardi di se stessa per il successo ottenuto, sentito immeritato.

Nello stesso tempo nei riguardi della famiglia, per avere maggiori possibilità (non solo economiche), rispetto a loro.

 

Questo breve estratto, ci da modo di comprendere quanto si celi dietro il sintomo psicologico e quanto lavoro dobbiamo fare per rintracciare la nostra vera natura.

 

 

Il sintomo è il frutto e non la causa del malessere.

 

 

 

 

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